Siamo stati scelti per profetizzare!
Mess. Mons. Jonas Abib
Ritengo che cadiamo nell’errore quando pensiamo che Dio non ci chiamerà mai, perché pensiamo che Lui chiama solo le persone particolari. Ma questo non è vero! Non possiamo guardare solo le chiamate specifiche: quello di un sacerdote, una suora. Oggi il Signore chiama molti che non necessariamente sono preti o suore per essere evangelisti e profeti.
Profeta non è colui che indovina il futuro, ma colui, attraverso il quale Dio vuole parlare. L’Onnipotente ha bisogno di uomini in carne ed ossa, che siano la sua bocca, perché vuole parlare attraverso di noi: Lui vuole profetizzare. Nell’Antico Testamento troviamo la storia di Amos che ci aiuta a comprendere cosa significhi essere profeta.
«Non ero profeta, né figlio di profeta; ero un pastore e raccoglitore di sicomori; Il Signore mi prese di dietro al bestiame e il Signore mi disse: Va’, profetizza al mio popolo Israele”. (Am 7,14-15).
Durante la raccolta delle patate, molte di esse finiscono tagliate dalla zappa e non servono più per la commercializzazione. Con il permesso del proprietario, la gente raccoglie ciò che resta. Io ho vissuto nella fattoria e mia madre raccoglieva sempre i resti della raccolta delle patate. Nella nostra povertà, molte volte, siamo stati salvati da quelle patate. Abbiamo mangiato patate al forno, fritte, purè di patate, zuppa di patate …
Eppure Dio mi ha chiamato come ad Amos. Io non sono niente … Io sono il figlio di un muratore e di una “raccoglitrice” di patate … Ma Dio mi ha chiamato e parla attraverso di me. Sono solo un microfono tra le mani. Dio ha bisogno di altoparlanti da cui si può parlare. Egli ci ha chiamati non solo ad una prima conversione, ma per salvarci, per cambiare le nostre vite, trasformarci, purificarci. Egli ci ha chiamati ad essere profeti i suoi altoparlanti.
(Tratto del libro “Vocazione: una sfida d’amore” di mons. Jonas Abib).