L’ultimo profeta

    La vita di san Giovanni Battista raccontata da Padre Frederic Manns dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme. La sua nascita miracolosa, l’eremitaggio nel deserto e il battesimo di Gesu’: la vita di un uomo che punta “il dito verso l’Agnello di Dio”. Le nostre telecamere nei luoghi dell’ultimo profeta che ha passato la sua esistenza per aiutare gli uomini a riconoscere il Messia.

    CATEGORY : Terra Santa

    Lectio Divina – Epifania del Signore

    Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo»

    Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”». Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo». Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

    CATEGORY : Terra Santa

    A Casa con la Santa Famiglia – Le famiglie di Nazareth

    P. Amjad Sabbara – Parroco della Basilica dell’Annunciazione ci parla sulla sua esperienza come direttore di una scuola frequentata da cristiani e musulmani.

    Noi siamo i “custodi” dei luoghi sacri della Terra Santa, siamo i “custodi” della casa in cui Gesù e’ cresciuto, ma ci prendiamo cura “anche delle pietre viventi, cioè i cristiani che vivono qui.”

    CATEGORY : Terra Santa

    Il Santuario di San Pietro a Giaffa

    Il santuario di San Pietro a Giaffa

    Nell’antica cittadina di Giaffa, a pochi chilometri da Tel Aviv, il santuario di San Pietro accoglie pellegrini locali e da ogni parte del mondo. Il sito, che domina il porto della citta’, e’ legato a diversi episodi della vita di san Pietro, ma anche alla storia del profeta Giona.

    CATEGORY : Terra Santa

    Nazareth Il fiore della Galilea

    Disprezzata dai contemporanei di Cristo, divenne nota quando l’angelo Gabriele annunciò la nascita di Gesù, qui, in questo luogo (cf. Luca 1,27) ad una vergine di nome Maria, promessa in matrimonio ad un giovane uomo di nome Giuseppe (cf. Matteo 1,18 ).

    Nazareth Il fiore della Galilea
    prevale il nome di Nazaret, secondo la tradizione greca e latina.
    Nazaret è conosciuta come il “fiore della Galilea”, come diceva San Girolamo. Situata su una collina a trecentocinquanta metri sul livello del mare, la città è circondata da altre colline più alte. A sud la pianura di Esdraelon, che si trova nella parte meridionale della Bassa Galilea. La città, sconosciuta nella storia del Vecchio Testamento, viene citata per la prima volta nel Vangelo. Disprezzata dai contemporanei di Cristo, divenne nota quando l’angelo Gabriele annunciò la nascita di Gesù, qui, in questo luogo (cf. Luca 1,27) ad una vergine di nome Maria, promessa in matrimonio ad un giovane uomo di nome Giuseppe (cf. Matteo 1,18 ).

    I Vangeli ci danno poche informazioni per conoscere i dettagli del villaggio:

    Vediamo la poca stima di Natanaele verso i nazareni (Gv 1,46), Il racconto dell’Annunciazione (Lc 1,26 ss), Giuseppe che riceve Maria come sua moglie e la prese nella sua casa (Mt 1,24).

    Quando torna dall’Egitto, la Sacra Famiglia torna a Nazaret (Lc 2,39-51); Gesù dopo la cerimonia d’ingresso nella vita adulta, all’età di dodici anni, ritorna a Nazaret con la Sua famiglia, dove è cresce in sapienza, eta’ e grazia davanti a Dio e agli uomini (cf. Lc 2,52).

    Quando inizia la Sua missione pubblica, Egli lascia Nazaret e va a Cafarnao (cfr Mt 4,13);

    Fino alla morte, Gesú fu conosciuto come il “Nazareno” (cfr Gv 19,19), soprannome che gli fu assegnato dai primi discepoli ebrei divenuti cristiani.

    Il primo santuario fu costruito nel IV secolo, mantenendo la tradizione del luogo santo. Una struttura più grande fu edificata per ordine dell’imperatore romano, Costantino I, motivato dalla madre Elena. Probabilmente la Chiesa dell’Annunciazione fu fondata nello stesso periodo in cui furono fondate la Chiesa della Natività e quella del Santo Sepolcro…

    Alla fine della Prima Guerra Mondiale, la Custodia di Terra Santa espresse il desiderio di costruire un Santuario più degno alla Vergine Maria. Il progetto è stato ripreso da Papa Pio IX. Soltanto nel 1954, primo centenario della proclamazione del Dogma dell’Immacolata Concezione, cominciarono i lavori . La riscoperta dell’antico villaggio ed i resti archeologici dei diversi luoghi di culto nel corso dei secoli, hanno mostrato una antica e ininterrotta venerazione mariana. Per questo diventarono elemento essenziale nel progetto del nuovo santuario.

    La chiesa attuale è un edificio a due piani concluso nel 1969 su progetto dall’architetto italiano Giovanni Muzio di Milano. Esattamente domenica 23 Marzo 1969, dopo otto anni di lavori, il santuario venne finalmente consacrato alla presenza del cardinale Gabriele Maria Garrone.

    L’architetto progetto’ una chiesa fondata sulle pareti della chiesa dei Crociati e suddivisa in due livelli, in modo che nella parte inferiore i fedeli potessero pregare davanti alla Grotta dell’Incarnazione del Verbo, in un ambiente semplice e spazioso.

    La Grotta dell’Annunciazione è circondata da un cancello in ferro battuto e appena sopra si vede un baldacchino sospeso, decorato con rilievi in rame dorato, con raffigurata l’Annunciazione … Di fronte alla Sacra Grotta, all’interno del perimetro della chiesa bizantina c’è uno spazio per le celebrazioni liturgiche.

    Nella grande chiesa superiore si celebra la glorificazione di Maria nei diversi continenti attraverso i secoli. Muzio penso’ anche in un’apertura centrale in modo che le due chiese si fondessero in un’unica… La grande cupola sulla navata raggiunge un’altezza di sessanta metri. È stata progettata per rappresentare un giglio bianco, uno dei simboli iconografici della Vergine Maria. Nelle pareti della navata centrale ci sono dei mosaici donati da diverse comunità cattoliche nel mondo.

    Dopo gli scavi archeologici del secolo scorso, si è deciso di lasciare esposte le antiche rovine, per dare più risalto al luogo venerato fin dai primi secoli del cristianesimo. Ci sono frammenti visibili di mura e mosaici sulle rovine dell’ antico luogo di preghiera e della chiesa bizantina.

    Adiacente alla Basilica dell’Annunciazione, si trova il Museo Francescano, che mostra gli oggetti trovati negli scavi della Grotta dell’Annunciazione e nella zona intorno alla città vecchia di Nazaret.

    Gli artefatti più impressionanti sono i “capitelli di Nazaret” del periodo Cocriato, splendidamente scolpiti con delle scene cristiane, rappresentate con grande maestria, che evidentemente sono stati interrati e nascosti durante la conquista dei mamelucchi nel XIII secolo, e mai utilizzati come capitelli di colonne. Sono stati scoperti all’inizio del XX secolo, durante i lavori di ristrutturazione effettuati nella chiesa che esisteva a quel tempo.

    Nei Vangeli, Maria è parte del misterioso piano di Dio attraverso…
    La concezione verginale di Gesù;
    il dialogo di fede con Dio;
    nell’accompagnare il Figlio fino alla croce
    e attraverso la condivisione con la comunità degli Apostoli.
    La Chiesa, dai tempi antichi, ha concesso a Maria le principale verità di fede che fondamentano il dogma mariano. Abbiamo:
    Il dogma della “Theotokos” (Madre di Dio), nel Concilio di Efeso nel 431; L’”Aeiparthenos” (Sempre Vergine), nel Concilio Lateranense del 649.

    Ogni Sabato sera, i fedeli di tutto il mondo che hanno la possibilità di venire in Terra Santa e visitare la Basilica dell’Annunciazione, a Nazaret, possono partecipare alla ‘Fiaccolata’, processione mariana che ha avuto l’inizio dopo la morte di Giovanni Paolo II, esattamente il 1 maggio 2005. I fedeli, la maggioranza pellegrini da tutte le parti del mondo, partecipano con entusiasmo a questo momento di unità e di preghiera.

    Il Santo, Padre Paolo VI, in uno dei brani tratti dal suo discorso a Nazaret, il 5 gennaio 1964, ha dichiarato: “La casa di Nazaret è la scuola dove cominciamo a comprendere la vita di Gesù, cioè la scuola del Vangelo. Qui si impara ad osservare, ad ascoltare, a meditare, a penetrare il significato così profondo e misterioso della manifestazione del Figlio di Dio. Qui impariamo il metodo che ci permetterà di sapere chi è il Cristo. Qui si trova la necessità di osservare il “panorama” della Sua permanenza in mezzo a noi, cioè, i luoghi, i tempi, i costumi, la lingua, i riti sacri, insomma tutto ciò che Gesù ha utilizzato per manifestarsi al mondo …

    Il Fiume Giordano

    Ecco il fiume Giordano e la sua splendida valle. Il Giordano attraversa la Palestina da nord a sud ed e’ il fiume principale della regione.

    Partendo dal lago di Genesaret, il fiume Giordano segue il suo corso formando meandri fino a raggiungere il mar Morto, percorrendo una distanza di 330 chilometri. Quando si getta nel mar Morto raggiunge i –392 metri sotto il livello del mare. Dunque, il Giordano e’ l’unico fiume al mondo che scorre sotto il livello del mare. Attualmente, è una delle più importanti fonti di acqua per Israele.

    Nell’Antico Testamento, il fiume Giordano viene citato nella narrazione della guarigione del lebbroso Naaman. Secondo il racconto, Naaman soffriva di lebbra e, dopo essere stato immerso per sette volte nelle acque del fiume, per ordine del profeta Eliseo, viene guarito. Da quel momento, Naaman rinuncia al dio Rimon e accetta il Dio di Israele.

    Secondo i Vangeli, Giovanni Battista sviluppò la sua predicazione sulle rive del Giordano, dove Gesù fu battezzato. Giovanni ha predicato um “battesimo di conversione per il perdono dei peccati” (Marco 1,4; cfr. Luca 3,3) ed eseguiva queste immersioni nelle acque del fiume Giordano (Marco 1,5; cfr. Giovanni 1,28; 3,23).
    L’episodio del Battesimo di Gesù racconta l’incontro tra Gesù di Nazareth e Giovanni il Battista. Entrambi sono stati generati dalla rivelazione del possibile di fronte all’impossibile.

    Essendo Gesu battezzato, entra in un nuovo tempo… inizia la sua Vita Publica

    Il Battista, come precursore, annunzia Gesù, espone la sua dottrina e inaugura un gesto che poi diventerà la porta di entrata per il cristianesimo: il battesimo nell’acqua.
    Il Padre unge il Figlio con lo Spirito per la missione liberatrice di annunciare il Regno di giustizia. La sua unzione ricorda il Salmo 2,7, “Tu sei mio Figlio, oggi ti ho generato”, sottolineando che egli è il Re Messia. Ma il suo messianismo si riferisce all’attuazione del Servo del Signore (cfr. Isaia 42,1ss.).
    Questi sono gli eventi biblici che, secondo la Sacra Scrittura, si sono svolti sulle rive di questo fiume.

    Per questo e’ attestata una presenza cristiana intorno a questo luogo. Il sito era già conosciuto come un luogo sacro nel IV secolo d.C. Ciò è testimoniato dalle rovine di numerose chiese bizantine nella zona, dove ci sono bellissimi mosaici, scale in marmo che conducono all’acqua e un’unica piscina battesimale.
    Dalla Guerra dei sei giorni nel 1967, l’area e’ divenuta una zona militare chiusa. Da poco tempo, il luogo e’ stato riaperto al pubblico, ma soltanto due volte all’anno o su appuntamento.

    Tuttavia negli ultimi anni, il Ministero del Turismo d’Israele ha fatto di questo luogo un importante centro di pellegrinaggio. Oggi ‘e riaperto al pubblico sette giorni a settimana.

    CATEGORY : Terra Santa

    Gli “antichissimi” ulivi del Getsemani

    “Il luogo del Getsemani, come viene chiamato nel Vangelo, e’ un luogo vicino a Gerusalemme al di la’ del torrente Cedron e alle pendici del Monte degli Ulivi…”

    “Il luogo del Getsemani, come viene chiamato nel Vangelo, e’ un luogo vicino a Gerusalemme al di la’ del torrente Cedron e alle pendici del Monte degli Ulivi…”

    P. EUGENIO ALLIATA, ofm
    archeologo
    “Il luogo del Getsemani, come viene chiamato nel Vangelo, e’ un luogo vicino a Gerusalemme al di la’ del torrente Cedron e alle pendici del Monte degli Ulivi…”

    “I pellegrini del 1600 menzionano 9 di questi antichissimi ulivi, poi solo 8 di essi. E questi 8 rimangono fino ad oggi … e in mezzo ad altri più nuovi, più recenti, un occhio attento li può ancora contare, uno ad uno, gli otto antichissimi ulivi che sono ricordati dai pellegrini come parte del giardino del Getsemani, luogo della cattura di Gesù.”

    Ammirati e fotografati ogni giorno da migliaia di pellegrini provenienti da tutto il mondo, gli 8 ulivi antichissimi del Getsemani (considerati dalla devozione popolare come quelli accanto ai quali Cristo soffrì l’ora dell’agonia, descritta nei Vangeli) sono stati oggetto di una ricerca scientifica coordinata dal Prof. Antonio Cimato del CNR di Firenze e dal Prof. Giovanni Gianfrate esperto di storia dell’ulivo del Mediterraneo. La ricerca – favorita e incoraggiata dalla Custodia di Terra Santa, proprietaria del luogo fin dal XVII secolo – ha approfondito le conoscenze sullo stato di salute di questi ulivi, ma anche sulla loro età e sulla loro origine.
    La prima notizia buona è che lo stato fito-sanitario e nutrizionale delle 8 piante è eccellente e che al momento non esistono rischi per la loro sopravvivenza.

    P. PIERBATTISTA PIZZABALLA, ofm
    Custode di Terra Santa
    “Era arrivato il tempo di fare il punto della situazione e capire lo stato di salute di questi ulivi, la loro situazione e anche preservarli in maniera adeguata anche per il futuro, tenendo presente l’elevato inquinamento che c’è qui nella zona.E poi fa parte anche della tradizione della Custodia: la’ dove e’ stato possibile la Custodia ha sempre cercato di studiare anche dal punto di vista scientifico i luoghi santi …”

    Quanto ai risultati che riguardano la datazione, alle piante, così come le possiamo ammirare oggi, ovvero al loro fusto, viene riconosciuta un’età di circa «novecento anni».

    P. EUGENIO ALLIATA, ofm
    archeologo
    “La datazione che viene data, al massimo 900 anni, corrisponde a quello che sappiamo dalla storia dei pellegrini che ricordano questi ulivi come “antichissimi” nel secolo XVI”.

    Ma c’e’ un altro risultato eccezionale della ricerca scientifica: le analisi del DNA hanno descritto per gli otto ulivi “profili genetici simili”. In altre parole gli 8 ulivi appartengono allo stesso genotipo, sono cioè per cosi dire “gemelli”, figli di uno stesso esemplare, …molto più antico. Si può sostenere che, in un preciso momento della storia, vennero messe a dimora nel giardino del Getsemani porzioni di rami più o meno grossi (talee di ramo) prelevate da un’unica pianta, con modalità simili a quelle tuttora adottate dai giardinieri palestinesi. Occorre allora domandarsi in che momento, nel corso dei secoli, sarebbero state messe a dimora queste talee. Al tempo di Gesù Cristo, in questo «podere» del Getsemani (che significa frantoio), forse gli ulivi erano gia qui…

    Insomma, gli esiti della ricerca non tolgono nulla alle convinzioni e alle aspettative dei fedeli: seppure l’età accertata per la parte aerea (ovvero il tronco dell’albero) sarebbe appunto di quasi un millennio, gli studiosi fanno osservare che le piante oggetto dell’indagine, nella loro interezza (radici e ceppaie degli alberi comprese), possono vantare un’età straordinariamente più antica, in virtù della facoltà auto-rigenerante propria della specie vegetale.

    P. PIERBATTISTA PIZZABALLA, ofm
    Custode di Terra Santa
    “Sappiamo innanzitutto che sono in ottimo stato di salute e che quindi possiamo stare tranquilli, e sappiamo che ormai questa tradizione consolidata, resterà e sarà un punto fermo, una icona viva della memoria di Gesù al Getsemani…”

    Piantati, abbattuti e di nuovo germogliati nel corso dei secoli, gli ulivi del Getsemani sono ancora qui, ultimi testimoni di quella notte di preghiera e di agonia, vissuta da Gesù Cristo, nell’abbandono al Padre e per la salvezza del mondo.
    Un’immagine, quella di queste antichissime piante, che ben rappresenta anche il «radicamento» e la «continuità generazionale» della comunità cristiana della Chiesa Madre di Gerusalemme. Come questi ulivi continuano a vivere grazie ad una “inesauribile” ceppaia, così la comunità cristiana locale sopravvive vigorosa, animata dallo Spirito di Dio, nonostante gli ostacoli e le persecuzioni.

    CATEGORY : Terra Santa

    Il Monte Nebo, lo sguardo sulla promessa

    Qui, i primi cristiani fissarono il ricordo dello sguardo di Mose’ sulla Terra Promessa e della sua morte.

    P. EUGENIO ALLIATA, ofm
    Dir. missione archeologica Monte Nebo

    “Dopo un percorso di 40 anni nel deserto gli Israeliti si accampano di fronte a Gerico e a Mose’ viene dato l’ordine da Dio di salire sul Monte Nebo, che fa parte dei monti Abarim, i monti che sono al di la’ del Giordano. Da li’, egli vedra’ la Terra Promessa che per 40 anni ha sognato lungo il cammino del deserto”.
    Circa cinquantacinque chilometri, in linea d’aria, separano il Monte Nebo da Gerusalemme … Nelle mattine particolarmente limpide, si riescono a vedere i tetti della Citta’ Santa, al di la’ della Valle del Giordano, poco oltre la distesa del Mar Morto…

    P. EUGENIO ALLIATA, ofm
    Dir. missione archeologica Monte Nebo

    “Percio’ il Monte Nebo e’ il simbolo della visione della Terra Promessa, la visione che Mose’ ha prima di morire. E questo e’ gia’ un dono, e anche un simbolo molto significativo della vita umana, la quale ha sempre davanti agli occhi una visione di cio’ che la aspetta, di cio’ che Dio dona”.


    Il Monte nebo, lo sguardo sulla promessa

    La montagna del Nebo si distacca dall’altopiano transgiordanico sette chilometri a ovest di Madaba. La sua cima piu’ alta raggiunge gli 800 metri, le altre scendono a quote piu’ basse, mai inferiori ai 700. La piu’ importante, dal punto di vista storico, e’ quella occidentale di Siyagha … Qui, i primi cristiani fissarono il ricordo dello sguardo di Mose’ sulla Terra Promessa e della sua morte. I testi degli antichi pellegrini fanno riferimento alla montagna e al Memoriale costruito per il Profeta.

    La testimonianza piu’ antica e’ quella della pellegrina Egeria, che visito’ la Terra Santa all’inizio del V secolo:

    P. EUGENIO ALLIATA, ofm
    Dir. missione archeologica Monte Nebo

    “Essa dice che parti’ da Gerusalemme proprio per recarsi al Monte Nebo, nell’Arabia, perche’ la zona al di la’ del Giordano apparteneva in quel tempo, nell’Impero Romano, alla provincia chiamata Provincia Arabia. Percio’ Egeria parti’ da Gerusalemme, attraverso’ il Giordano … nel luogo dove anche gli Israeliti avevano attraversato il fiume Giordano per recarsi nella Terra Promessa. Poi, al di la’ del Giordano, incontro’ una citta’ che si chiamava Livias e da li’ alcuni presbiteri di Livias, cioe’ locali, la accompagnarono fino al Monte Nebo”.

    P. EUGENIO ALLIATA, ofm
    Dir. missione archeologica Monte Nebo

    “Salirono lungo la strada romana, che esiste, in parte, fino ad oggi. Si possono osservare fino ad oggi i miliari della strada romana, alcuni dei quali sono stati trasportati nel museo del Monte Nebo come testimonianza di questa storia”.

    Arrivati al quinto miliario, come racconta la pellegrina, i presbiteri la invitarono ad abbandonare la strada per discendere fino alle Ayoun Musa, le sorgenti di Mose’.
    Queste sorgenti perenni, che ancora oggi nei giorni piu’ caldi sono un punto di ritrovo per tanti abitanti di questa zona, hanno il nome del Profeta perche’ fin dall’antichita’ erano identificate con l’acqua che Mose’ fece sgorgare dalla roccia per dissetare i figli di Israele.

    Da questo luogo, Egeria comincio’ la sua salita al Monte:

    P. EUGENIO ALLIATA, ofm
    Dir. missione archeologica Monte Nebo

    “La salita era molto difficile e aspra, essa ci dice, ma alla fine arrivarono sulla cima della montagna. Questo luogo si chiama oggi in arabo Ras Siyagha, il capo di Siyagha, perche’ e’ realmente una punta, non piu’ alta del paesaggio circostante ma piu’ esposta verso la valle. Arrivata sulla sommita’ essa trovo’ come una piccola chiesa e dentro la chiesa un pulpito come una memoria, come un luogo funerario pero’rialzato come un pulpito. Questo luogo era la memoria della visione di Mose’”.

    E’ un’altra testimonianza di viaggio, quella del vescovo Pietro Iberico, che ci racconta la leggenda sulla nascita di questo Memoriale:

    P. EUGENIO ALLIATA, ofm
    Dir. missione archeologica Monte Nebo

    “C’era un pastorello che pascolava le sue pecore sulla montagna e un santo vecchio, con la barba bianca e vestiti magnifici gli appare. Ecco, questo e’ Mose’ e il pastorello riceve questo messaggio: ‘Vai e di’ agli abitanti che su questo posto sia costruita una chiesa’. Il pastorello allora va dagli abitanti del villaggio del Nebo, che si trova sul lato meridionale della montagna – esiste fino ad oggi la rovina di questo villaggio bizantino sulla medesima posizione indicata nella vita di Pietro Iberico”.

    P. EUGENIO ALLIATA, ofm
    Dir. missione archeologica Monte Nebo

    “Per ricordarsi il luogo esatto dove aveva ricevuto la visione, il pastorello aveva costruito dei mucchietti di sassi, in modo che anche se la visione fosse scomparsa egli avrebbe potuto ritrovare il luogo esatto. Cosi’ gli abitanti vennero con lui, la visione di Mose’ non c’era piu’ pero’ c’erano i mucchietti di sassi e questi servirono come segno del luogo dove Mose’ voleva che fosse costruita la sua chiesa”.

    P. PIERBATTISTA PIZZABALLA, ofm
    Custode di Terra Santa

    “Questo luogo fa vedere come la tradizione cristiana sia stata coerente … In Giordania, l’attuale Giordania, come in Terra Santa, lungo tutti i secoli con gli scavi archeologici … adesso con i lavori che stanno facendo stanno venendo alla luce nuove evidenze … si vede come i cristiani tra alterne vicende hanno sempre mantenuto una memoria coerente e costante su questi luoghi e oltre che di autenticita’ e’ segno anche di un radicamento della tradizione cristiana in questa terra.

    Straordinaria testimonianza di una memoria cristiana dell’Antico Testamento, caso quasi unico in Terra Santa, il luogo dove sorgeva il Memoriale di Mose’ ha vissuto storie e fasi diverse nel corso dei secoli. Ne resta traccia nell’archeologia:

    DAVIDE BIANCHI
    Archeologo

    “Ci troviamo all’interno della cella tricora della basilica del memoriale di Mose’ sul Monte Nebo. Questo luogo e’ il luogo piu’ importante di tutta la basilica e possiamo dire il luogo originario da cui poi si e’ sviluppato nei secoli successivi questo importante ambiente religioso”.

    Lo Studio Biblico Francescano di Gerusalemme, la Facolta’ di scienze bibliche e archeologia della Custodia di Terra Santa, ha cominciato a lavorare su questo sito nel 1933, diverse campagne fino alla piu’ recente condotta da Padre Eugenio Alliata, direttore del Museo Archeologico dello Studio Biblico e dai suoi collaboratori:

    DAVIDE BIANCHI
    Archeologo

    “Il primitivo edificio si puo’ datare a un’epoca compresa tra il primo secolo d.C. e il quarto. Questi sono i dati che nel corso degli anni gli archeologi hanno ipotizzato, una datazione molto ampia che prevede un range di quasi tre secoli, per questo motivo le indagini si sono soffermate proprio su questo antico edificio”.

    DAVIDE BIANCHI
    Archeologo

    “ Successivamente, nel mese di gennaio, ci siamo spostati dalla parte del sintrono alla parte centrale della cella tricora indagando questa tomba, all’interno della quale ancora era presente una cassetta con ossa umane, molto probabilmente riferibile a un personaggio importante, un esponente principale del clero che si e’ occupato della ricostruzione della cella tricora”.

    DAVIDE BIANCHI
    Archeologo

    “Ultimamente, nel mese di aprile 2013, l’interesse si e’ spostato sul primo edificio, l’edificio piu’ antico, forse di epoca romana, che si trova davanti alla cella tricora”.

    Qui, oggi, per iniziativa della Custodia si lavora per portare a termine la basilica che accogliera’ i visitatori e i pellegrini:

    ANDREA BOZZO
    Ass. Direzione lavori ricostruzione Memoriale di Mosè

    “L’idea di base e’ che questa non e’ soltanto la ricostruzione di una chiesa – lo e’ anche, per funzione liturgica … – ma la sua complessita’ vuole che diventi anche un sistema espositivo che permetta di leggere la complessita’ di tutte queste sostruzioni, di tutti questi layer di interventi… infatti, alla parete, chi entrera’ e visitera’ questo organismo edilizio, vedra’ esposti i mosaici piu’ ‘contemporanei’ rispetto a quelli piu’ antichi che porta’ visitare direttamente sul sito”.

    ANDREA BOZZO
    Ass. Direzione lavori ricostruzione Memoriale di Mosè

    “Non era possibile pensare a quale fosse una forma se non una forma ideale, quindi tutti i segni che prima seguivano le tracce dei muri antichi in questo progetto vengono rettificati come a idealizzare, segnare in modo decisivo qual e’ la differenza tra l’antico e il contemporaneo, con una struttura che diciamo, con questa soluzione, si appoggia in maniera gentile sopra la parte antica”.

    E’ una storia cominciata con padre Girolamo Mikaic e padre Sylvester Saller… Per iniziativa e attivita’ del primo la Custodia di Terra Santa pote’ acquistare, sul Nebo, il terreno su cui padre Saller avvio’ la prima campagna di scavo, la prima campagna in assoluto dello Studio Biblico:

    P. EUGENIO ALLIATA, ofm
    Dir. missione archeologica Monte Nebo

    “Diversi altri francescani dettero il proprio contributo, chi come fotografo, chi come trasportatore, chi come amministratore, e chi come aiutante .. percio’ fu davvero una missione in cui la Custodia si impegno’ moltissimo. Anche la popolazione locale, la tribu’ dei beduini, degli Yukhian, fu coinvolta sia nella custodia dello scavo sia nelle operazioni nello scavo medesimo e anche successivamente resto’ legata in qualche maniera, sempre, alla presenza dei francescani nel sito”.

    UOMO

    “Sono cinque anni che noi lavoriamo in questa zona, sul Monte Nebo, proprio qui in questa chiesa e anche nel “workshop” qui vicino . Abbiamo lavorato per il restauro dei mosaici e dei muri … e tante altre cose in questa chiesa”.

    UOMO

    “Da quando siamo nati, sappiamo che i nostri nonni e i nostir padri hanno lavorato qui, in questo stesso posto, con i frati e gli italiano. Siamo abituati a lavorare con loro e ci piace”.

    UOMO

    “Non abbiamo trovato problemi per le nostre tradizioni religiose diverse, ma anzi tutto il contrario, ci troviamo molto bene qui, abbiamo sempre vissuto insieme in fratellanza e amicizia”.

    UOMO

    “Abbiamo un bel lavoro e abbiamo imparato tanto da loro, tante cose sull’archeologia e il restauro, ci hanno aperto la porta e ci hanno formati. Quando uno ha esperienza, formazione, a poco a poco impara sempre di piu’ e si apre un modo di lavorare nuovo”.

    I francescani e la popolazione locale beduina … una storia proseguita fino a oggi e l’opportunita’, per questi giovani, di imparare un mestiere e conoscere piu’ a fondo le proprie radici:

    FRANCO SCIORILLI
    Mosaicista e restauratore

    “Cerchiamo di lavorare con tutto quello che ci offre il paese. Il paese ci offre determinate tecnologie? Cerchiamo di inserire all’interno del nostro lavoro, utilizzare le tecnologie che ci sono a disposizione. I materiali? Cerchiamo di usare il piu’ possibile materiali locali. Ovviamente nel momento in cui insegni a persone locali a fare un determinato intervento, e poi non possono comprarsi il determinato strumento, il determinato materiale, il tuo lavoro ovviamente e’ nullo, non serve a nulla … quindi e’ meglio cercare il modo di trovare quello che ti offre il paese e sotto questo programma addirittura adesso noi ci produciamo la calce con il sistema che usavano al tempo dei bizantini e anche a quello dei romani, abbiamo presso il nostro cantiere delle vasche dove teniamo a decantare e maturare la calce per minimo un anno e poi la utilizziamo per il riposizionamento dei mosaici ma anche il consolidamento dei muri, e quindi e’ un prodotto locale”.

    Al Nebo e in tutta l’area che lo circonda sono venuti alla luce alcuni dei piu’ bei mosaici della scuola di Madaba, la piu’ longeva, importante e famosa in epoca bizantina

    FRANCO SCIORILLI
    Mosaicista e restauratore

    “Abbiamo un esempio, questo e’ un mosaici che viene da Al Mukhayat, la vecchia citta’ del Nebo, e’ anche un mosaico importante perche’ a fine anni ‘80 inizio anni ‘90 ha girato l’Europa per pubblicizzare la Giordania e i mosaici di questo paese, e quindi l’arte di questo paese. Questo dovrebbe essere dell’inizio del VII secolo – ce ne sono tre bellissimi qui, tra Mukhayat e Monte Nebo – abbiamo questo mosaico chiamato del Prete Giovanni, poi ne abbiamo un altro sempre alla citta’ del Nebo dei Santi Lot e Procopio, e poi abbiamo questo nostro mosaico, importante, che e’ il primo battistero della basilica, dove veramente gli artisti di quell’epoca hanno dato il massimo”.

    La tradizione del mosaico e’ rinata a Madaba con la scuola di restauro avviata da padre Michele Piccirillo. Fu lui, dopo la campagna di padre Corbo negli anni 60, il terzo francescano che lavoro’ al Nebo e che oggi riposa – accanto a padre Mikaic – proprio qui, nel cortile del convento francescano di Siyagha:

    P. EUGENIO ALLIATA, ofm
    Dir. missione archeologica Monte Nebo

    “Realmente trasformo’ il luogo, da luogo abbandonato nel mezzo del deserto a uno dei luoghi piu’ visitati della Giordania. Non soltanto con le sue scoperte, avendo egli scoperto uno dei piu’ bei mosaici di tutta la Giordania proprio sul Monte Nebo, ma anche con una attivita’ pubblicistica intensa, facendo conoscere in tutto il mondo la bellezza di questi mosaici e l’importanza della storia di questo paese, forse remoto, lontano, ai margini del deserto, che pero’ ha avuto una influenza enorme sulla civilta’”.

    ANDREA BOZZO
    Ass. Direzione lavori ricostruzione Memoriale di Mosè

    “Molte persone vengono per apprezzare la storia, apprezzare il lavoro che e’ stato fatto e il luogo, ma il luogo non ci sarebbe se non ci fosse questo immaginario dato dal paesaggio della Terra Promessa, questo secondo me e’ un elemento fondamentale da proteggere e preservare”.

    P. PIERBATTISTA PIZZABALLA, ofm
    Custode di Terra Santa

    “Oltre a essere un luogo meraviglioso con un panorama mozzafiato sul deserto, le steppe di Moab di cui si parla nel libro del Deuteronomio, si intravvede la citta’ santa, Gerusalemme, dunque e’ un luogo carico di emozioni oltre che di ricordi biblici”.

    Dove cento anni fa tutto era deserto, oggi sorge uno dei luoghi piu’ visitati della Giordania … riemergono le memorie degli antichi pellegrini e lo sguardo si perde, di fronte alla Promessa.

    CATEGORY : Terra Santa