Felici coloro che osservano i suoi comandi e lo cercano con tutto il cuore

    “Coro: Felici coloro che camminano nella legge del Signore. Felici coloro che seguono la via perfetta e camminano nella legge del Signore. Felici coloro che osservano i suoi comandi e lo cercano con tutto il cuore”.

    Cari fratelli e sorelle, ecco il messaggio principale per la nostra riflessione di oggi. La nostra felicità completa sta nel cercare di vivere i Comandamenti e le Leggi di Dio. E cosa significa? Molto più che adempiere a leggi e precetti, per paura, o obbedire solo ciecamente. Non è questo.

    Ricordiamo che il motivo principale per cui Dio, attraverso Mosè, ha istituito i comandamenti per il suo popolo è che questo stesso popolo cammini nella verità, nella coerenza, cioè che la Legge funzioni da guida sulla retta via. Purtroppo, con il tempo, sappiamo che la Legge di Dio si è allontanata dal suo obiettivo originario, diventando un’osservanza dura e vuota. Un’osservanza che non promuoveva la libertà dell’uomo, ma una forma di oppressione. Qui vediamo la trasgressione della Legge del Signore, che, a differenza dell’oppressione e del peso, avrebbe dovuto promuovere la libertà dell’uomo.

    Lo possiamo confermare nella seguente parola: “Se volete, osserverete i comandamenti: essere fedeli ad essi dipende dalla vostra volontà”. Dio ha posto davanti a te il fuoco e l’acqua: stenderai la tua mano per fare ciò che vorrai. Davanti all’uomo ci sono la vita e la morte: qualunque cosa egli scelga, gli sarà data”. Dio non impone la Legge per opprimerci, ma per formarci. Per formarci alla libertà dei figli, per scegliere la strada giusta, corretta, non per imposizione. Più volte, San Paolo nelle sue lettere ci esorta a questa realtà.

    Per questo motivo, Gesù dice: “Non pensate che io sia venuto a revocare la Legge o i Profeti; non sono venuto a revocare, ma a dare pieno compimento”. Che cosa intendeva Gesù con la piena osservanza della Legge? E continua: “Perché io vi dico che se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli”. Purtroppo, i farisei e gli scribi usavano la Legge come un peso insopportabile per le persone, quando loro stessi non erano nemmeno in grado di portarlo. La Legge del Regno è l’amore. Ed è così che Gesù è venuto a dare piena osservanza alla Legge: Amare Dio e il prossimo.

    La legge deve essere permeata dall’amore, non dal peso. L’amore deve essere il criterio per vivere la legge del Signore, ed è questo che ci deve spingere a seguire i comandamenti: l’amore per Dio e l’amore per il prossimo.

    Quando non osserviamo i comandamenti attraverso la lente della carità, siamo semplici osservatori di leggi e precetti. La liturgia ci invita a essere molto più che uomini e donne alfabetizzati, ma a incarnare veramente la Legge nella nostra vita, nei nostri atteggiamenti, nei nostri rapporti con le persone e nella nostra relazione d’amore con Nostro Signore. La Legge deve aiutarci a essere uomini e donne più umani e più santi. E come canta oggi il salmista, questo dovrebbe essere il nostro desiderio, la nostra gioia piena, di seguire la via perfetta e la legge del Signore, per amore.

    Che Nostro Signore ci aiuti, ci guidi e riempia i nostri cuori con il desiderio di aprirci all’amore e di comprendere la Legge, in modo da essere uomini e donne di carità e non fardelli pesanti per i nostri fratelli e sorelle. Amen.

    Sia lodato il nostro Signore Gesù Cristo, per sempre sia lodato!

    Don Leonardo Ribeiro – Comunità Canto Nuovo

    Ecco la tua Madre

    Nella croce Gesù ci consegna la sua madre. Che Maria, nostra madre, ci possa guidare al Figlio suo amato. Andiamo a Gesù per mezzo di Maria.

    CATEGORY : Parola del giorno

    La gratitudine

    La gratitudine….

    Avere un cuore grato.

    È Gesù stesso che nel vangelo ci insegna a ringraziare:”Io ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli”.

     

     

     

     

    CATEGORY : Parola del giorno

    Quali frutti possono nascere dall’ abbandono in Dio?

    Per parlare dell’ abbandono in Dio voglio partire da queste parole di Gesù nel Vangelo di Matteo «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. […] Imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita» (Mt 11, 28-29)

    Rivolgendosi alla gente del suo tempo, Gesù invitava ad andare a Lui. Questo andare è sinonimo di fidarsi di Lui. 

    In un tempo come  quello che viviamo Gesù ci invita ancora una volta ad “andare a Lui”, a confidare in Lui, come un bambino si fida della mamma o del papà sapendo che in loro troverà ristoro.

    Questo fidarsi di Dio, vuol dire anche abbandonarsi a Lui, alla Sua volontà, cosa questa non sempre facile, soprattutto oggi dove vogliamo fare tutto da soli, con le nostre forze. 

    Quante volte ci capita di volere tutto e subito, di volere  che la nostra vita si risolva secondo i nostri piani, secondo quello che noi crediamo sia meglio. Lottiamo, ci stanchiamo, e molte volte sperimentiamo anche il fracasso dinanzi alle situazioni pensando di fare bene, ma ci dimentichiamo che noi non siamo onnipotenti. Solo Dio sa quello che è meglio per noi e cosa e quando ci conviene davvero.

    Quando Gesù dice ai suoi “Venite a me voi che siete stanchi e oppressi”, evidenzia giustamente questo che non si può contare solo sulle proprie forze, o sulle forze di altri esseri umani, che pur essendo nostri amici non possono risolverci la vita. L’unico indispensabile e su cui sempre dobbiamo contare è Lui! 

    Fino a quando la nostra vita ruota solo intorno al nostro io, alle nostre forze, e si dimentica di Dio, viviamo in un continuo affaticamento e sembra che la tristezza, l’ansia, l’agitazione e soprattutto la paura prendono il sopravvento su noi.

    Gesù invita ancora “Venite a me!”, abbandonatevi a me, fidatevi di me, affidatevi, senza paura “ed io vi darò ristoro”.  Abbandonarsi in Dio genera  vari frutti che sono dono dello Spirito Santo, tra questi spiccano la pace e la gioia.  

    Pace e Gioia, quando vengono da Dio nessuno può toglierle, rimangono in noi a prescindere dalle situazioni difficili che la vita ci proporziona, è necessario però alimentarle con atti di amore e fiducia in Dio quotidianamente per fare esperienza della Sua Misericordia che non ci abbandona mai. 

    Sr. Emanuela Prisco – CMSS

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    “La mia esperienza con San Giuseppe”

    Con cuore di padre: così Giuseppe ha amato Gesù, chiamato in tutti e quattro i Vangeli «il figlio di Giuseppe».

    Con queste parole il Santo Padre, Papa Francesco ha iniziato la sua Carta Apostolica   “Patris Corde” nell’ anno dedicato a San Giuseppe. 

    Possiamo davvero dire che San Giuseppe è realmente questo Padre che ci protegge e accompagna così come ha fatto con Gesù. 

    Sappiamo poche cose sulla figura di San Giuseppe, ma quello che sappiamo già è sufficiente per fare questa esperienza con il suo amore paterno.

    Prima che entrassi in convento, non mi sono mai approfondita più di tanto sulla sua figura, sapevo che si festeggia la sua festa il 19 marzo, che per noi in Italia  coincide anche con la festa del papà. E il maggio si ricorda San Giuseppe lavoratore, ma per me questa era solo una data legata alla festa del lavoro.

    Da quando sono entrata in convento, e soprattutto qui al Carmelo, abbiamo una devozione molto forte a San Giuseppe, infatti Egli non è per noi solo il Padre adottivo di Gesù, ma per noi carmelitani è anche Padre e Protettore dell’ Ordine. 

    Santa Teresa di Gesù, diceva infatti “Non ho mai chiesto qualcosa a San Giuseppe senza essere subito esaudita”. 

    Siccome ho sempre avuto un grande amore per mio padre, non mi è stato difficile amare San Giuseppe considerandolo infatti, padre amoroso che si prende cura di me in ogni circostanza. 

    Innumere sono le testimonianze su come lui si fa presente nella mia vita, ma una che mi piace ricordare sempre e che può sembrare banale ma in fondo non lo è, è un’ esperienza vissuta con lui varie volte durante la mia permanenza nella nostra Comunità di Roma. 

    Durante tutto il periodo che ho vissuto a Roma, chi conosce la “Città Eterna” sa bene che è molto difficile incontrare un parcheggio per le macchine. Ogni volta che io e le mie sorelle, uscivamo di casa nel togliere la macchina dal parcheggio facevamo la seguente preghiera “San Giuseppe per favore lascia il tuo asinello qui in modo che al nostro ritorno troviamo presto un parcheggio!”. Quando già eravamo nelle vicinanze di casa io sempre iniziavo a cantarellare un ritornello a San Giuseppe, a volte anche inventandolo al momento,  ricordandomi che quando ero piccola con mio padre sempre insistevo quando volevo qualcosa, dopo aver cantato iniziavo il rosario a San Giuseppe “San Giuseppe nelle tue tribolazioni, l’ Angelo non ti ha soccorso, ti prego soccorrimi!… e cosi continuavo fino a trovare un parcheggio dicendo “San Giuseppe soccorrimi!”. E miei cari fratelli e sorelle, per incredibile che possa sembrare sempre trovavamo un parcheggio per la macchina e molte volte proprio davanti casa! 

    Ditemi voi se non è questo un segno dell’ amore del padre?! 

    San Giuseppe, come diceva un altro grande Santo  San Josè Maria Escrivà, ci fa sentire parte della Famiglia di Dio a tutti gli effetti! Tante sono le testimonianze dei Santi con lui, sono sicura che anche tu già hai fatto l’ esperienza della sua vicinanza e se non l’ hai fatta ti invito ad approfittare questo anno tutto dedicato a Lui per chiedere la sua intercessione nella tua vita. 

    Lui  vuole prendersi cura di te, delle tue necessità, della tua famiglia, del tuo lavoro. 

    Egli è il Padre della Provvidenza, appartiene alla classe operaia e ha sperimentato, come molte volte anche tu esperimenti il peso della povertà. 

    Viviamo un tempo difficile nella nostra storia e credo che non sia un caso che quest’ anno 2021   il Papa Francesco lo abbia dedicato a Lui. 

    Approfittiamo questa grazia e opportunità che la Santa Madre Chiesa ci dà per conoscerlo meglio, sono sicura che una volta che lo invocherai Lui che è padre amoroso e attento alle necessità dei figli ti soccorrerà.

    San Giuseppe, prega per noi!

    Suor. Emanuela Prisco – CMSS

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    Come vincere le difficoltà nella vita religiosa?

    La vita religiosa come ci ricorda il Concilio Vaticano II è già su questa terra un anticipo di quella che sarà la nostra vita nei Cieli. I religiosi per mezzo dei consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza si propongono di vivere imitando Gesù Cristo, povero, casto e obbediente.

    Essere religioso oggi, nella società in cui ci incontriamo è una sfida grande, piena di gioie ma anche non priva di difficoltà, che se vissute in spirito di docilità diventano un trampolino di lancio per la santità.

    Come giovane religiosa, in convento da 11 anni posso dire con tutta sincerità che non sono poche le difficoltà che si incontrano sul cammino.

    La maggior parte delle difficoltà che incontriamo scaturiscono dalla nostra miseria umana.

    Quando facciamo un cammino di autoconoscenza e ci mettiamo con cuore aperto per accogliere quello che Dio prepara per noi, scopriamo le nostre fragilità e quelle delle nostre comunità.

    Quando però lasciamo che il Signore ci modelli come il vasaio fa con l’ argilla le nostre fragilità umane si trasformano in perle che lo Spirito Santo fa fruttificare in doni e carismi per la Chiesa.

    Come in qualsiasi stile di vita ci sono difficoltà, infatti tutte le rose hanno le loro spine, ma proprio per il fatto che ci sono le spine le rose sono così belle.

    Per vincere le difficoltà nella vita religiosa secondo me sono necessarie due cose: fedeltà a Dio che ci chiama e fedeltà al Carisma che abbiamo abbracciato e soprattutto non togliere mai gli occhi da Cristo primo consacrato, modello e specchio di ogni religioso!

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    Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto

    Gv 1,11

    Gesù è Dio fatto carne: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” esseri umani, ma il Vangelo dice anche che “Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto”, “suoi” significa “noi”, esseri umani, ma perché noi non lo accogliamo? E perché molte persone di quel tempo non hanno riconosciuto Gesù come Messia, Re e Salvatore?

    Cosa che ha accecato e cieca gli occhi degli esseri umani in modo che non vedessero Dio presente in mezzo a noi?

    Almeno tre cose rendono ciechi gli uomini, impedendo o rendendo difficile vedere nel bambino Gesù, il Dio, Signore, Re e il Messia atteso:

    La prima è la misura, si sono abituati all’idea di un Dio grande e quindi pensano che quel bimbo non possa essere Dio!

    La seconda è la fragilità, abituati all’idea di un Dio tremendamente potente, non si adattavano alla fragilità di un bimbo.

    La terza ragione della cecità degli uomini è la semplicità, perché l’attaccamento all’idea di un Dio che è solo spirituale, hanno impedito di riconoscere nell’umanità del bimbo il Dio incarnato. Non sapete che Dio è più di quelle idee che avete su di Lui?

    Perché davvero, Lui è grande, forte e Spirito, ma se Lui è Dio, può fare tutto, anche farsi piccolo, fragile e semplice, giusto?

    Ecco il Dio delle sorprese, come diceva Benedetto XVI: “Dio è sempre fedele nel mantenere le sue promesse, ma di solito ci sorprende nel modo in cui le adempie”. E così il Dio che aveva parlato attraverso i profeti che un giorno avrebbe mandato il suo Messia stava davvero mantenendo la sua promessa, ma in un modo che non corrisponde alle loro vecchie idee su Dio, perché in questa volta è apparso: piccolo, fragile e semplice.

    Questo attaccamento alle idee fisse causa purtroppo cecità spirituale: “Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto”.  Tuttavia, questo non è accaduto solo nel passato, ma continua ad accadere nel presente, specialmente nell’Eucaristia, non è vero che l’altare di ogni Santa Messa, in qualsiasi parte del mondo, è anche Betlemme? E con le parole della consacrazione del sacerdote nella Messa c’è un nuovo “fiat” e che le sue mani come il grembo di Maria ci danno il bimbo Gesù nell’ostia consacrata?

    E noi? Siamo stati in grado di riconoscerlo nella piccolezza, nella fragilità e nella semplicità dell’Ostia il Dio fatto carne?

    Come partecipiamo della Messa? Com’è il nostro amore per la Santissima Eucaristia: corpo, sangue, anima e divinità di Gesù?

    Sia per i sacerdoti o per i fedeli, siamo zelanti che nessun frammento del santo corpo di Cristo vada perduto?

    Come disse San Cirillo di Gerusalemme: “attento a non lasciarne cadere qualche frammento a terra, perché sarebbe per te come perdere un membro del tuo corpo.

    Se le tue mani ricevessero dell’oro, non lo custodiresti con la più grande attenzione per non perderne nulla, per non esserne in alcun modo depauperato?

    Ancora più attento devi essere per non lasciar cadere alcun frammento di quel che è più prezioso dell’oro e delle pietre preziose!”

    Anche il più piccolo frammento dell’Ostia è Dio nella sua interezza, anche piccolo, fragile e semplice è totalmente il Dio fatto carne, e così la Santa Messa è per noi una scuola e un ospedale, luogo di apprendimento e di guarigione della cecità umana, per riconoscere la presenza di Dio anche nel piccoli, fragili e semplici cominciando da noi stessi, come ci dice papa Francesco nella sua lettera apostolica sull’anno di san Giuseppe:

    “Troppe volte pensiamo che Dio faccia affidamento solo sulla parte buona e vincente di noi, mentre in realtà la maggior parte dei suoi disegni si realizza attraverso e nonostante la nostra debolezza”. Perché nella piccolezza, nella povertà e nella semplicità che siamo anche lì Lui fa la Sua dimora e noi diventiamo la grotta dell’incarnazione e della nascita del Verbo Divino.

    Vogliamo chiedere lo Spirito Santo, affinché per intercessione di Maria, Madre di Gesù, possiamo essere guariti da ogni cecità e così riconosciamo sempre più il Verbo divino che si è fatto e continua a farsi carne in mezzo a noi: piccolo, fragile e semplice.

    P.Sostenes Monte 

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    “Ma voi, chi dite che io sia?” Mt 16,15

    Questa è la domanda che Gesù ha fatto ai suoi discepoli e oggi  rivolge a  noi: “Ma voi, chi dite che io sia?” Chi vuole la risposta giusta, non ascolta la voce della folla che dice: “Gesù è solo un profeta”.

    C’è un solo modo per trovare la risposta giusta: Ascoltare la voce del Padre  e non la voce della folla. Così ha fatto Pietro. Sbaglia chi pensa che “la voce del popolo è (sempre) la voce di Dio”.

    Come  nel vangelo di oggi, chi si attiene a quello che “dicono tutti” e ascolta chi non ascolta Dio, finisce per perdersi. Notate anche che nessuno dei discepoli, eccetto Pietro, era in grado di sentire la voce del Padre, e perché solo lui? Perché Dio voleva insegnare qualcosa di molto importante per i cristiani: succede che a volte, noi non possiamo sentire la voce di Dio da soli, anche in preghiera o trovandoci vicini a Gesù come i discepoli, possiamo anche essere confusi su quale sia la Voce della Verità, questo perché Dio vuole che alcune delle risposte che ci da, vengano attraverso i suoi Ministri.

    Un giorno Gesù disse: “chi ascolta voi ascolta me” (Lc 10,16), cioè, chi vuole ascoltare me, ascolta la mia Chiesa. Qualcuno potrebbe chiedere: “Ma Dio voleva parlare attraverso un uomo debole e peccatore come Pietro?

    Sì, questo è l’insegnamento, e come lui sono passati più di 250 Papi. Oggi abbiamo Papa Francesco come sua voce, e così sarà fino alla sua Seconda Venuta, o forse qualcuno pensa che una delle sue profezie sia fallita? “chi dite che io sia?

    Ascoltate la voce del Padre. O Padre, per intercessione di Maria, Madre della Chiesa, manda lo Spirito Santo affinché attraverso la preghiera della tua Chiesa ascoltiamo sempre la tua voce e come Pietro proclamiamo che Gesù di Nazareth è “Il Messia, il Figlio del Dio vivente”.

    P.Sostenes Monte

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